-3- Statuto ragionato provvisorio del Gruppo di Cultura Cristiana "San Gregorio Nisseno"

CENTRI DI GRANDE CULTURA

                        

                     La Badia di Grottaferrata e la Pontificia Università Gregoriana

 

Circa la metà del secolo scorso era ancora viva la fama del grandioso prestigio del Padre Sofronio Gassisi, monaco della celebre abazia di Grottaferrata, sia presso la Santa Sede che nell’ambiente universitario nazionale per i suoi importanti lavori nell’ambito della bizantinologia già politicamente sostenuta dal Crispi e nella direzione di una delle prime riviste di carattere ecumenico dal titolo “Roma e l’Oriente”, quasi organo ufficiale della Santa Sede.

Eppure come titolo di studio conseguito nelle pubbliche scuole statali aveva solo quello della quinta elementare.

Tra gli altri monaci famosi di quell’abazia c’era Padre Nilo Borgia, fondatore della Congregazione delle Suore Basiliane, figlie di Santa Macrina, padre Eugenio Laçiç di profonda formazione sia in campo letterario che scientifico anche autore di qualche brevetto ed alcuni altri monaci perfino di origini nobiliari. C’era anche una biblioteca di circa dieci mila volumi divisi in due grandi sezioni una dei libri moderni a stampa e un’altra di varie migliaia di antichi codici che venivano studiati da importanti studiosi che erano guardati dai seminaristi da lontano con meraviglia ed erano indicati secondo le loro attività, ma con essi non si poteva parlare.

Dall’inizio del secolo XX si erano andate diffondendo lentamente in Italia le scuole pubbliche di tutti i livelli, dalle elementari fino all’università. I titoli di studio da esse rilasciati, di valore nazionale erano mal visti dagli ambienti ecclesiastici a causa della loro mal sicura cultura. In campo ecclesiastico quindi la Chiesa continuava a tenere i suoi plurisecolari istituti di ogni ordine e grado talvolta eccellenti e di grande fama come la celeberrima Pontificia Università Gregoriana tenuta dai Gesuiti, la fama dei quali incuteva rispetto e quasi soggezione ovunque, come poteva risultare dall’esperienza di molti sia nelle scuole medie che all’Università. I titoli di studio rilasciati dagli istituti ecclesiastici non avevano valore legale presso lo Stato italiano, e quindi non erano aperti verso il mondo del lavoro pubblico di qualsiasi genere. Altrimenti chi avesse voluto partecipare ad esso doveva conseguire i titoli riconosciuti dallo Stato presentandosi da esterno ai relativi esami. Ma erano esposti a qualsiasi tipo di correnti culturali, politiche o morali. Ai candidati provenienti dalle scuole ecclesiastiche, considerate private, non sempre era facile ottenere i titoli delle scuole statali, però non era impossibile. In questo clima si era ancora continuato a tentare un qualche confronto tra le varie correnti culturali. Ma la confusione in genere poteva considerarsi rilevante come spesso continua ad essere tuttora.

 Intanto il sottoscritto andava completando alcuni suoi studi verso i suoi ventisei anni di età, e fu invitato, come suo assistente, dal Padre Giuseppe Valentini S. J., Professore di Lingua e Letteratura Albanese nell’Università degli Studi di Palermo e personalità di fama nazionale come direttore della rivista “Letture”, edita dal celebre centro di studi detto “San Fedele” a Milano dove venivano pure pubblicate altre prestigiose riviste.

Il Valentini propose al sottoscritto di partecipare al suo gigantesco programma di studi archivistici riguardante la storia dell’Albania e di tutti i popoli che con essa hanno avuto rapporti cioè buona parte dell’Europa, dell’Asia Minore, e dell’Africa, da qualche secolo prima di Skanderbeg, che ne costituiva il centro, fino ai tempi attuali. Gli studi ecclesiastici archivistici contemporaneamente andavano interferendo con quelli teologici, filosofici, storici, letterari, linguistici ecc. che andavano comparendo in tutti quei paesi ed anche in altri con essi in rapporto, e loro “Principi e Conseguenze”.

Però una cosa era incontrare tutti questi argomenti nei documenti di archivio e negli studi di vario genere con essi connessi ed altra cosa incontrarli nell’azione e nel pensiero nelle persone viventi. Le due cose, nel limite del possibile, mostravano il loro valore nel reciproco incontro diretto. Il primo campo di applicazione di questo tipo di programma cominciava a realizzarsi fin dagli studi universitari nei loro generi, e poi nella partecipazione ai loro gruppi e incontri e quasi subito dopo anche nella formazione piccola e timida di qualcuna di queste attività che quasi sempre ottenevano qualche successo.

Il caso più rilevante fu quello della fondazione del Gruppo di Cultura Cristiana “San Gregorio Nisseno” che teneva corsi pluriennali di filosofia e teologia nella parrocchia latina San Giovanni Bosco in Palermo dall’inizio del 1967. Il gruppo in pochi anni cominciò ad essere conosciuto nelle parrocchie vicine, in altre istituzioni religiose, all’Università ed in qualche istituto privato. Nel 1977, in seguito alla pubblicazione dello “Statuto Ragionato Provvisorio” di quel gruppo qui di seguito riportato, esso fu spedito in tutte le parrocchie della città di Palermo. Aveva già attirato l’attenzione di vari membri della curia arcivescovile. Infine interessò pure lo stesso cardinale Arcivescovo di Palermo S.E. Mons. Salvatore Pappalardo il quale chiese minuziose informazioni su di esso come è narrato in varie parti del secondo volume nell’opera dal titolo “Società d’Oriente” e quindi fece dire al sottoscritto dal suo vicario generale, Mons. Marcataio: “S. Em. vuole che quello che finora avete fatto voi ora lo facciamo noi stessi. A te rimane l’onore di essere stato il primo ad avere iniziato questo tipo di lavoro”. Voleva dargli pure un incarico nella sua archidiocesi, ma egli non si trovò in condizione di poterlo accettare. Ma due tentativi fatti dal cardinale in due differenti anni uno di seguito all’altro non riuscirono a far decollare una iniziativa come quella del gruppo San Gregorio Nisseno. Il Cardinale allora nel 1980 la portò nel suo arcivescovato partecipando di persona alle lezioni e incoraggiava quelli che ritenessero difficile una iniziativa del genere dicendo: “Essa è già una realtà vivente nella nostra archidiocesi”. Egli stesso si accorse che per portarla avanti ci volevano degli insegnanti adeguatamente preparati. Decise perciò di fondare una facoltà teologica allo scopo e andò a trovare il Papa ora San Giovanni Paolo II dandogli qualche copia dello statuto di quel gruppo allo scopo di ottenere il riconoscimento pontificio di tale Facoltà.

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