- Scritto da Ignazio Parrino
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All’Illustrissimo Signor Presidente della Repubblica Albanese
Ilìr Mèta
In occasione della Sua Visita a Palazzo Adriano (Pa)
il 4 Novembre 2021
LE ORIGINI DELLE COLONIE
MILITARI ALBANESI IN ITALIA
Mio padre, il professore Ignazio Parrino, docente emerito di Lingua e Letteratura Albanese all’Università di Palermo, impossibilitato per motivi di salute, mi incarica di porgere i suoi omaggi e presentare le linee essenziali di questa breve storia delle colonie militari albanesi di Sicilia e in particolar modo di Palazzo Adriano.
In occasione dell’arrivo in Albania dell’esercito dell’Imperatore turco Maometto II composto da 300.000 soldati, Skanderbeg mandò in Sicilia una parte dei suoi 15.000 soldati a cavallo, il più numeroso ed organizzato gruppo di Albanesi, per difendere le sue spalle in Albania. Alleati di Skanderbeg, in quella occasione, erano il re di Napoli, il Papa e alcuni altri piccoli Stati italiani.
I soldati di Skanderbeg mandati in Italia e in Sicilia erano tre mila (3.000) accompagnati dalle loro famiglie. Essi si andarono stanziando in vari luoghi tra loro intercomunicanti con segni di fuoco di notte e di fumo di giorno da punti prestabiliti. Ogni soldato, secondo la tradizione, portava con sé quattro cavalli da guerra.
I paesi da essi fondati o riabitati avevano ognuno una importantissima struttura militare, ora oggetto di molti studi anche da parte della Facoltà di Architettura dell’Università di Palermo, e di visite turistiche, come principalmente si conservano ancora qui a Palazzo Adriano, divisi in due parti: una per abitazione delle famiglie ed un’altra come scuderia per i cavalli.
Ogni paese che si andava organizzando, conservava tenacemente le sue strutture sociali. Consistevano nelle cinque autonomie che gelosamente venivano difese e conservate come nelle zone di Skanderbeg della Dibra e della Matja in Albania: amministrativa, giudiziaria, economica, militare e religiosa.
Gli Albanesi giunti in Sicilia in numero di 453 soldati furono accolti in un villaggio armato detto Bisir in un luogo chiamato “Casale del Vescovo”, nei pressi di Mazzara del Vallo, esteso dodici mila ettari (12.000 ettari), e cominciarono ad insediarsi in fortezze e castelli preesistenti da essi rifatti e ampliati secondo le loro usanze ed esigenze. Dieci mila ettari (10.000 ettari) di terreno furono tra loro distribuiti in ragione di circa 20 ettari per ogni famiglia.
La Santa Sede provvide ad organizzare la struttura religiosa dei gruppi che si andavano costituendo. Il luogo dove in Sicilia si erano cominciati ad organizzare gli Albanesi faceva parte della diocesi di Mazara del Vallo.
In quegli anni, circa il 1450, si era realizzato il Concilio Ecumenico di Ferrara-Firenze che tentava di raggiungere l’unione tra Chiesa Bizantina e Chiesa Latina. Il più illustre personaggio rappresentante dei bizantini, presente in quel Concilio, era il cardinale Giovanni Bessarione di Trebisonda, vescovo niceno. Nel 1449 egli fu nominato Vescovo di Mazara e titolare del relativo “Casale” con incarico di amministratore del feudo distribuito ai soldati albanesi. Gli atti di questa Amministrazione si conservano nel così detto “Libro Rosso” dell’Archivio diocesano di Mazara in cinque volumi.
Tra gli Albanesi che si erano stanziati a Bisir c’erano dei membri delle principali famiglie dell’Albania di quel tempo. C’era perfino un Castriota che aveva l’incarico avuto da Skanderbeg di collaborare all’organizzazione in primo luogo del gruppo di Bisir. I cognomi delle famiglie sono stati accuratamente riportati da Giuseppe La Mantia nel suo studio sui Capitoli delle colonie militari fermatesi in Sicilia: Palazzo Adriano, Contessa Entellina e Mezzojuso a cui poi seguirono altre colonie fermatesi in Calabria.
I loro primi impegni furono di organizzare le loro abitazioni e le vie dei paesi con le strutture militari che tuttora si vedono a Palazzo Adriano e mettere a coltura le terre assegnate ad ogni famiglia. Le prime attività che vengono ricordate riguardano la pastorizia e il taglio dei boschi per la produzione del carbone, mentre la prima attività militare e sociale fu quella di organizzare la custodia delle strade, delle campagne e dei passi assieme a quella dei castelli. (Fino al secolo XVII questo tipo di attività si andò affermando in gran parte della Sicilia).
Alcune delle principali famiglie presto raggiunsero titoli baronali come i Reres a Mezzojuso o i Parrino a Carostà nei pressi di Catania. Per l’aspetto religioso e culturale, su spinta dello stesso Bessarione, si prese contatto col monastero di San Salvatore di Messina che aveva circa dieci filiali dello stesso monastero sparse in varie parti della Sicilia. Ad opera dei Reres, che lo fondarono, grande fama per circa un secolo raggiunse il monastero di Santa Maria delle Grazie di Mezzojuso, primo centro religioso e culturale delle colonie militari albanesi di Sicilia. Seguì ad esso il seminario greco albanese di Palermo fondato da Padre Giorgio Guzzetta, filippino, che diventò il più importante centro culturale bizantino della Sicilia e della Calabria su iniziativa del Padre Paolo Maria Parrino che con le sue opere storiche e teologiche impiantò le più importanti basi culturali e religiose di tutti i Greco-Albanesi di Italia che arrivarono col tempo a grandi sviluppi di vasto raggio. Andò sorgendo anche una buona letteratura in lingua albanese con nomi come Girolamo De Rada di San Demetrio Corone e Gabriele Dara di Palazzo Adriano.
Su queste basi si andarono sviluppando in primo luogo le attività dei campieri per tutta la Sicilia con principale sede a Palazzo Adriano. Essi, che reggevano molti feudi e le popolazioni relative, fecero sorgere anche alcune delle più grandi personalità politiche d’Italia dei secoli XIX e XX quali Francesco Crispi, l’Arciprete Giovanni Alessi, don Luigi Sturzo e Costantino Mortati, tutti notissimi, dei quali, se volessimo cominciare a parlare, il discorso ci porterebbe molto lontano.
Prof. Ignazio Parrino