-3- Alcune attività del recente essere umano In evidenza

Talvolta qualcuno mi chiede: “perchè tu che sei letterato ti occupi di problemi di meccanica?”.

Questa domanda mi ha portato a radunare alcune delle non rare notizie che si incontrano più o meno casualmente sull’attività di alcuni siculo-albanesi, dal tempo della loro venuta in Sicilia nel 1448 fino ai nostri giorni. Essi furono mandati da Skanderbeg in Sicilia e nell’Italia meridionale per formare, d’accordo col re di Napoli Alfonso V, un corpo di difesa dalle sue spalle in occasione del tentativo del sultano Murat II di invadere l’Albania, col probabile tentativo di prenderlo alle spalle attraverso il Mare Adriatico. I 453 soldati albanesi che si stanziarono in Sicilia, a Bisir, nei pressi di Mazara, ebbero assegnato per loro stipendio il feudo di quella località detta “Casale del Vescovo”, estesa 12.000 ettari, in ragione di circa 20 ettari ad ogni famiglia che accompagnava quei soldati, per complessivi 10.000 ettari. Gli altri due mila furono assegnati al loro vescovo, Giovanni Bessarione di Trebisonda inizialmente vescovo niceno, di gran nome abbastanza noto, il più illustre dei vescovi greci che parteciparono al Concilio Unionistico di Ferrara-Firenze. Egli, nominato cardinale, ricoperse l’incarico di titolare delle principali istituzioni dei bizantini nell’Italia di allora che erano l’abazia di Santa Maria di Grottaferrata e il monastero di San Salvatore di Messina, ambedue dotati di vastissimi territori e vaste popolazioni assieme a quelli dei 12.000 ettari che costituivano il patrimonio del vescovado di Mazara al quale fu eletto nel 1449.

I soldati albanesi di Skanderbeg giunti in Sicilia e nell’Italia meridionale in numero di 3.000, seguiti dalle loro famiglie, secondo l’usanza dei popoli dell’impero bizantino, quando era nel suo auge, assieme all’attività militare, erano anche pastori o contadini secondo la necessità nelle loro attività fondamentali e secondo la riforma agraria di Eraclio. Ma avevano anche la facile possibilità di ricoprire l’una o l’altra delle varie attività di qualsiasi genere che esistevano in quell’impero.

Mi è capitato di avere avuto l’occasione di seguire la storia di una di queste famiglie per circa tre secoli. Il primo figlio maschio veniva sempre mandato nel loro seminario che era anche un convitto, nel quale per alcuni anni poteva cominciare a prepararsi per qualcuna delle attività che ognuno volesse scegliere. I figli di questo potevano a loro volta seguire la stessa impostazione secondo le attività economiche delle relative famiglie. Le ragazze invece, quando era possibile, seguivano alcuni anni di studi in alcuni dei collegi ad esse destinati per il raggiungimento di una discreta cultura e per l’adempimento delle attività familiari di vario genere. La famiglia alla quale ci riferiamo comincia in linea ascendente con un’insegnante che per un certo interesse naturale si occupava anche di problemi sociali e religiosi alcuni dei quali potevano interessare la sua piccola azienda agricola che gestiva piuttosto per esperimenti sociali in vari campi. Suo padre era stato una persona intelligente e vivace che aveva gestito per molti anni la stessa azienda, ma era molto impegnato a far studiare i suoi numerosi figli fino al punto che questo suo impegno era ammirato in tutto il paese assieme ad un altro impegno che era di scrivere delle poesie di carattere popolare a sfondo sociale che pure ottenevano curiosità e interesse. Il padre di questo era stato un grande lavoratore dotato di notevole forza fisica fino al punto di vincere varie sfide localmente organizzate e di essere riuscito ad incrementare abbastanza la sua azienda agricola oltre a quella che aveva ereditato come parte che gli era toccata in seguito alla divisione con gli altri fratelli che si erano dedicati ad altre attività. Uno di essi era stato avviato agli studi e aveva trovato un incarico direttivo presso l’”Ufficio del Registro” ed aveva sposato una baronessa. Aveva avuto alcuni figli che aveva mandato a studiare. Essi avevano trovato lavoro in vari campi. Uno di questi o dei loro discendenti era diventato un funzionario di polizia, un altro era diventato un ingegnere di buon nome del livello che allora era detto “Secondo Ingegnere d’Italia” ed era professore ordinario alla Facoltà di Ingegneria della Sapienza di Roma. Un antenato di questi, in quel tempo quando ancora non c’erano né pensioni, né sussidi statali, era rimasto orfano in giovane età ed era stato adottato da un parente che faceva il calzolaio al suo paese. Due dei suoi cadetti erano stati sostenuti da altri parenti che da qualche tempo si erano trasferiti a Castelvetrano, dove riuscirono ad impiantarsi e ricoprire incarichi di un certo rilievo. Fino alla quinta generazione circa si conservavano discreti rapporti e conoscenze tra tutti questi parenti, ma dopo la quinta generazione si conservava solo il ricordo di qualcuno che avesse ottenuto incarichi rilevanti.  Uno di questi era diventato un notaio verso la fine del secolo XVII e l’inizio del secolo XVIII. Un suo figlio di nome Paolo Maria, di cognome Parrino, fu un monaco filippino del ramo di quell’Ordine monastico che seguiva il rito bizantino e scrisse opere memorabili destinate ad avere un grande successo fino al punto di essere considerate la partenza della moderna cultura dei Greco-Albanese d’Italia.

 

 

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